Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
DISCRIMINAZIONI RAZZIALI
ABANO TERME. Hamid Billouche, 47 anni, marocchino di nascita, ma diventato cittadino italiano, lavora come autista ed è volontario della Protezione civile aponense, nonchè presidente della Consulta degli stranieri. Entra in un bar, il solito bar (un Centro Ricreativo Comunale), per prendere un caffè e si è trovato davanti il fermo diniego da parte delle dipendenti della cooperativa che avevano avuto precise direttive dal gestore. Inutile insistere, il capo aveva deciso di interrompere la somministrazione di qualsiasi bevanda agli avventori di etnia araba. E questo è solo un esempio dei tanti casi segnalati alle forze dell’ordine.
Ora lo dice anche l’Onu che, attraverso un gruppo di otto associazioni italiane (Archivio delle Memorie Migranti, Articolo 3 – Osservatorio sulle discriminazioni, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, Associazione 21 Luglio, Associazione Carta di Roma, Borderline Sicilia Onlus, Lunaria, Unione forense per la tutela dei diritti umani), ha stilato dei dati molto allarmanti sull’aumento dei fenomeni di incitamento all’odio razziale in Italia. Il tutto nell’ambito di un forum del Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione
Razziale delle Nazioni Unite (CERD) in materia di incitamento all’odio razziale che si è tenuto il 28 agosto 2012 a Ginevra.
Il rapporto in questione denuncia un aumento molto preoccupante della diffusione nel nostro Paese dell’incitamento all’odio razziale in tutti gli aspetti della società civile. Cosa più preoccupante è che questo incoraggiamento arriva in modo particolare dai discorsi pubblici politici e mediatici, in modo particolare, dicono i dati, nei confronti di Rom e Sinti. Proprio a riguardo, l’UNAR (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) afferma che nel 2010 i casi riscontrati sono stati 96, un 17% di tutti i casi totali di razzismo segnalati all’Ufficio, contro un 56 del 2009. Quasi un raddoppio, quindi, che ci deve far riflettere in quanto deriva proprio da quei soggetti, i partiti politici, che dovrebbero essere i primi, in nome delle persone che rappresentano e soprattutto in nome di quei principi costituzionali che dovrebbero seguire e far seguire, a non incitare al razzismo. Per non parlare dell’aumento dei casi di incitamento nei media che dai 29 casi nel 2009 è passato ai 108 del 2010, con un trend che sembra in costante aumento. Altro dato da non sottovalutare è quello relativo a internet ed in modo particolare ai social network e ai blog. Sempre secondo i dati, l’UNAR, in collaborazione con la polizia postale, è riuscita a far chiudere circa 200 tra siti e blog che spingevano all’odio razziale e all’omofobia e più di 90 pagine facebook che avevano lo stesso obiettivo. E ultimamente sono proprio i social network, con facebook in testa, il veicolo più usato per trasmettere questo odio razziale e, affermano i dati, i più colpiti sono ebrei e musulmani.
Fortunatamente un dato confortante c’è e arriva dalle scuole. Qui infatti, confermano i dati, il trend è in costante discesa, dal 5,3% dei casi nel 2009 al 3,3% nel 2010. Un dato positivo perché vuol dire che nonostante il forte aumento, c’è assolutamente la voglia di cambiare. E il cambiamento non può non iniziare se non insegnando alle nuove generazioni il rispetto reciproco.
DISCRIMINAZIONI RELIGIOSE
In questo ambito la scuola non si salva. Ecco solo alcuni esempi riportati da un tutor counselor, G.C. particolarmente sensibile a questi temi in quanto anche studioso di religioni orientali, operativo in alcune scuole del modenese. Una ragazza indiana di 14 anni presa in giro dai coetanei durante l’assemblea di classe, messa a tacere più volte con espressioni del tipo “taci tu che ha un foruncolo in fronte”, con riferimento al bindi della tradizione induista. Una ragazza musulmana con il velo a cui un compagno ha chiesto se il velo fosse per coprire le botte di suo padre e alla sua risposta «mio padre non mi ha mai picchiata», il ragazzo ha ribattuto «non è vero, ho sentito dire in tv che per voi la figlia è un oggetto del padre, e lui può farle quello che vuole». E ancora: un ragazzo sikh col turbante è stato deriso in classe per mesi e offeso da battute del tipo «hai il turbante in testa per non lavarti i capelli o per appoggiarti a casa a testa in giù (perché in India lo sappiamo che si fanno queste cose)?».
DISCRIMINAZIONI DI GENERE
Vi consiglio “Questo non è amore”. Si intitola così il volume scritto dalle autrici del blog de Il Corriere della Sera "La 27esima ora", che racconta la storia di 20 donne in lotta con una quotidianità fatta di botte, gelosia feroce, soprusi, ferimenti, stupri. Violenze compiute dal compagno, dall’amante, dal marito. Dall’uomo che ci si ritrova accanto o che si tenta di lasciare e che trasforma la vita in un inferno, stroncandola: come è successo a Veronica, ammazzata a 19 anni dall’ex fidanzato con un colpo alla testa. Un femminicidio compiuto nel 2006 da un allievo della Guardia di Finanza. Un insospettabile. “Non c’era stato nessun segno: dopo essere stato lasciato per 7 mesi non l’aveva mai chiamata”, racconta la madre di Veronica che non si dà pace e che ogni giorno trascorre ore interminabili “nella cappella con le pareti di vetro”, dove è sepolta la figlia.
Dimenticare è impossibile anche per Elena, violentata per anni da un marito-orco che costringeva i figli a guardare e che una sera le ha quasi spaccato la testa contro un calorifero. “C’era sangue dappertutto. Mi ricordo solo che la piccola gridava: mamma non morire, ti prego. E io credevo che ci avrebbe ammazzati tutti”. Anche Sara ha rischiato di essere uccisa dal compagno. Botte su botte che diventavano ancora più forti a causa dell’astinenza da cocaina. “Una vigilia di Natale è entrato in casa con un manganello nero, come quello delle guardie. Ha iniziato a darmelo sulle gambe, era un dolore tremendo”. Quando ha cercato di ribellarsi lui le ha distrutto la vita.