giovedì 28 marzo 2013

Articolo 5.


La Repubblica, una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali; attua nei servizi che dipendono dallo Stato il più ampio decentramento amministrativo; adegua i principi ed i metodi della sua legislazione alle esigenze dell'autonomia e del decentramento.  



C’è chi si oppone: come ha fatto, ad esempio il gruppo consiliare di An nella scorsa legislatura chiedendo l'abrogazione del Consiglio delle autonomie locali, organismo non elettivo rappresentativo di Province e Comuni, istituito nel 1998 dalla Regione Toscana, unico caso in Italia. Il gruppo consiliare di An riteneva questo organismo "un mostro giuridico" in quanto, pur non essendo elettivo, è tendente ad espropriare delle loro funzioni altri organi elettivi come lo stesso consiglio regionale, i sindaci ed i presidenti di Provincia.


E c’è, invece, chi ci sollecita ad applicare la Costituzione. Chi non ricorda la famosa lettera a firma Draghi-Trichet che ha fatto da epitaffio all’ultimo governo Berlusconi? Il testo della BCE, dopo aver indicato tutte le azioni in materia economica, ritenute urgenti, conclude con una esortazione: “Incoraggiamo inoltre il Governo a prendere immediatamente misure per garantire una revisione dell’amministrazione pubblica allo scopo di migliorare l’efficienza amministrativa e la capacità di assecondare le esigenze delle imprese. Negli organismi pubblici dovrebbe diventare sistematico l’uso di indicatori di performance (soprattutto nei sistemi sanitario, giudiziario e dell’istruzione). C’è l’esigenza di un forte impegno ad abolire o a fondere alcuni strati amministrativi intermedi (come le Province). Andrebbero rafforzate le azioni mirate a sfruttare le economie di scala nei servizi pubblici locali”.

domenica 24 marzo 2013

Articolo 4.

La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto.


Lettera di una cittadina senza diritti
Buonasera, mi presento il mio nome è Battaglia Maria ho 48 Anni e abito nel canavese da circa 12 anni. La mia storia inizia circa 8 anni fa per un problema al seno bilaterale (fortunatamente risolto dopo l asportazione dei 2 seni) ma avendomi lasciato strascichi a livello fisico ed un invalidità del 75% riconosciuta solo ieri, ma come non bastasse si aggiunge un problema i tipo ginecologico con vari interventi all utero. Siccome sembrava che non bastasse scoprono che nelle mie vertebre del collo c è un restringimento del canale con un emangioma nel lato destro del collo, quindi questa situazione e molto complicata e degenerativa.
Non mi sono mai abbattuta ho cercato sempre di lavorare ma purtroppo solo lavori pesanti, cosa che adesso diventa non più tanto sostenibile.
Ho provato con il centro per l impiego di Cuorgnè per sbloccare la situazione lavorativa senza risultato, ho fatto un corso di computer con un tirocinio nel comune di Rivarolo c.se con il risultato hanno assunto i soliti parenti, mi sono rivolta al sindaco di Feletto senza risultato (fanno scarica barile con il CISS38, un ente assistenziale che serve a niente) ci chiamano "CATEGORIE PROTETTE" sembriamo una specie animale non considerate.
Ci parlano di politiche sociali ma quando un invalido civile come "ME" che purtroppo si ammala non si sa dove essere collocati e non riceviamo nessun tipo di aiuto, a stavo dimenticando la cosa che mi preme in questo momento, ho affrontato una selezione di circa 3000 persone tramite la SFEP comune di TORINO per il corso da OSS, sto frequentando presso la "CASA DI CARITA ARTI E MESTIERI" di via Benedetto Brin mi hanno riconosciuto IDONIETA PARZIALE (nel bando non diceva che con la parziale eri fuori ma dovevi essere non IDONEO) ma guarda caso adesso si sono accorti di preoccuparsi della mia salute e che mi accettano in classe ma non ai TIROCINI. Mi sembra che come discriminazione c è ne abbastanza visto che la costituzione dice il diritto allo studio e alla formazione e soprattutto il DIRITTO A VIVERE.
Spero che chi legge si renda conto che viviamo in uno stato di ipocrisia totale.


Lettera del “Comitato spontaneo degli ex interinali” al Prefetto della città di Benevento
Volevamo ringraziare per essersi Impegnato a Non Riceverci”, trattandoci come dei “Desaparecidos”, senza dare la benché minima attenzione al nostro invito. A questo punto signor Prefetto, noi Umile Gente Comune, piccolo Frammento di una Disperazione collettiva smisurata, che voleva essere ascoltata, per capire le vostre intenzioni su un problema così grave, quale il forte tasso di Disoccupazione che Incombe sulla nostra piccola cittadina, derivato soprattutto dal Minimo nonché Inesistente Uso di “Maestranza locale”, presso fabbriche e appalti pubblici, negando a operai Sanniti la possibilità di un lavoro, La salutiamo e Le auguriamo buon lavoro, ma dal profondo del nostro Cuore, Ispirandoci al buon “Cesare Cesaroni”, ci viene da dire “Che Amarezza!”.


"Stati generali del sociale, Fare comunità a Roma" - Elsa Fornero: 
"Il posto di lavoro non è un diritto, deve essere guadagnato, anche attraverso sacrifici. Il Governo italiano sta cercando di proteggere le persone, e non il loro posto di lavoro. Deve cambiare l’atteggiamento delle persone".

mercoledì 20 marzo 2013

Articolo 3.

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

 DISCRIMINAZIONI RAZZIALI

ABANO TERME. Hamid Billouche, 47 anni, marocchino di nascita, ma diventato cittadino italiano, lavora come autista ed è volontario della Protezione civile aponense, nonchè presidente della Consulta degli stranieri. Entra in un bar, il solito bar (un Centro Ricreativo Comunale), per prendere un caffè e si è trovato davanti il fermo diniego da parte delle dipendenti della cooperativa che avevano avuto precise direttive dal gestore. Inutile insistere, il capo aveva deciso di interrompere la somministrazione di qualsiasi bevanda agli avventori di etnia araba. E questo è solo un esempio dei tanti casi segnalati alle forze dell’ordine.

Ora lo dice anche l’Onu che, attraverso un gruppo di otto associazioni italiane (Archivio delle Memorie Migranti, Articolo 3 – Osservatorio sulle discriminazioni, Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione, Associazione 21 Luglio, Associazione Carta di Roma, Borderline Sicilia Onlus, Lunaria, Unione forense per la tutela dei diritti umani), ha stilato dei dati molto allarmanti sull’aumento dei fenomeni di incitamento all’odio razziale in Italia. Il tutto nell’ambito di un forum del Comitato per l’Eliminazione della Discriminazione Razziale delle Nazioni Unite (CERD) in materia di incitamento all’odio razziale che si è tenuto il 28 agosto 2012 a Ginevra.

Il rapporto in questione denuncia un aumento molto preoccupante della diffusione nel nostro Paese dell’incitamento all’odio razziale in tutti gli aspetti della società civile. Cosa più preoccupante è che questo incoraggiamento arriva in modo particolare dai discorsi pubblici politici e mediatici, in modo particolare, dicono i dati, nei confronti di Rom e Sinti. Proprio a riguardo, l’UNAR (l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali) afferma che nel 2010 i casi riscontrati sono stati 96, un 17% di tutti i casi totali di razzismo segnalati all’Ufficio, contro un 56 del 2009. Quasi un raddoppio, quindi, che ci deve far riflettere in quanto deriva proprio da quei soggetti, i partiti politici, che dovrebbero essere i primi, in nome delle persone che rappresentano e soprattutto in nome di quei principi costituzionali che dovrebbero seguire e far seguire, a non incitare al razzismo. Per non parlare dell’aumento dei casi di incitamento nei media che dai 29 casi nel 2009 è passato ai 108 del 2010, con un trend che sembra in costante aumento. Altro dato da non sottovalutare è quello relativo a internet ed in modo particolare ai social network e ai blog. Sempre secondo i dati, l’UNAR, in collaborazione con la polizia postale, è riuscita a far chiudere circa 200 tra siti e blog che spingevano all’odio razziale e all’omofobia e più di 90 pagine facebook che avevano lo stesso obiettivo. E ultimamente sono proprio i social network, con facebook in testa, il veicolo più usato per trasmettere questo odio razziale e, affermano i dati, i più colpiti sono ebrei e musulmani.

Fortunatamente un dato confortante c’è e arriva dalle scuole. Qui infatti, confermano i dati, il trend è in costante discesa, dal 5,3% dei casi nel 2009 al 3,3% nel 2010. Un dato positivo perché vuol dire che nonostante il forte aumento, c’è assolutamente la voglia di cambiare. E il cambiamento non può non iniziare se non insegnando alle nuove generazioni il rispetto reciproco.


DISCRIMINAZIONI RELIGIOSE

In questo ambito la scuola non si salva. Ecco solo alcuni esempi riportati da un tutor counselor, G.C. particolarmente sensibile a questi temi in quanto anche studioso di religioni orientali, operativo in alcune scuole del modenese. Una ragazza indiana di 14 anni presa in giro dai coetanei durante l’assemblea di classe, messa a tacere più volte con espressioni del tipo “taci tu che ha un foruncolo in fronte”, con riferimento al bindi della tradizione induista. Una ragazza musulmana con il velo a cui un compagno ha chiesto se il velo fosse per coprire le botte di suo padre e alla sua risposta «mio padre non mi ha mai picchiata», il ragazzo ha ribattuto «non è vero, ho sentito dire in tv che per voi la figlia è un oggetto del padre, e lui può farle quello che vuole». E ancora: un ragazzo sikh col turbante è stato deriso in classe per mesi e offeso da battute del tipo «hai il turbante in testa per non lavarti i capelli o per appoggiarti a casa a testa in giù (perché in India lo sappiamo che si fanno queste cose)?».


DISCRIMINAZIONI DI GENERE

Vi consiglio “Questo non è amore”. Si intitola così il volume scritto dalle autrici del blog de Il Corriere della Sera "La 27esima ora", che racconta la storia di 20 donne in lotta con una quotidianità fatta di botte, gelosia feroce, soprusi, ferimenti, stupri. Violenze compiute dal compagno, dall’amante, dal marito. Dall’uomo che ci si ritrova accanto o che si tenta di lasciare e che trasforma la vita in un inferno, stroncandola: come è successo a Veronica, ammazzata a 19 anni dall’ex fidanzato con un colpo alla testa. Un femminicidio compiuto nel 2006 da un allievo della Guardia di Finanza. Un insospettabile. “Non c’era stato nessun segno: dopo essere stato lasciato per 7 mesi non l’aveva mai chiamata”, racconta la madre di Veronica che non si dà pace e che ogni giorno trascorre ore interminabili “nella cappella con le pareti di vetro”, dove è sepolta la figlia.
Dimenticare è impossibile anche per Elena, violentata per anni da un marito-orco che costringeva i figli a guardare e che una sera le ha quasi spaccato la testa contro un calorifero. “C’era sangue dappertutto. Mi ricordo solo che la piccola gridava: mamma non morire, ti prego. E io credevo che ci avrebbe ammazzati tutti”. Anche Sara ha rischiato di essere uccisa dal compagno. Botte su botte che diventavano ancora più forti a causa dell’astinenza da cocaina. “Una vigilia di Natale è entrato in casa con un manganello nero, come quello delle guardie. Ha iniziato a darmelo sulle gambe, era un dolore tremendo”. Quando ha cercato di ribellarsi lui le ha distrutto la vita.


martedì 19 marzo 2013

Articolo 2.

La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale.

lunedì 18 marzo 2013

Articolo 1.

L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro.
La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione.